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La Striscia del Maestro Carlo Sciarrelli: il mitico elenco dei 138 progetti di barche a vela ed a motore

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“Una barca è bella quando esprime al massimo le qualità del suo tipo. C’è bellezza nello yacht a vela, c’è bellezza in un peschereccio, c’è bellezza in un motoscafo o in una nave mercantile.” − Carlo Sciarrelli, Lo Yacht: origine ed evoluzione del veliero da diporto

Carlo Sciarrelli è nato a Trieste nel 1934. Figlio di un ferroviere e lui stesso dipendente delle Ferrovie dello Stato, il suo nome è indissolubilmente legato ai 138 progetti e alle (si stima) oltre 400 imbarcazioni costruite grazie alla sua opera.

Attraverso la sua spiccata capacità di connessione, la quale gli ha permesso di comprendere che non sempre è necessario ripartire da zero ad ogni progetto , pensando alla navigazione a vela come se fosse un esperimento che si ripete all’infinito nel tempo, Sciarrelli ha saputo dare una risposta reale ai temi proposti dagli armatori che commissionavano i progetti.

Come egli stesso commentava in una intervista degli anni ’80 rilasciata al Gazzettino di Treviso:

“Quando un committente commissiona una barca veloce e di poca fatica, con gli alberi bassi, poco pescaggio, ed un certo tipo di arredamento, per riuscire a soddisfarlo, nella casistica ci sono moltissime risposte antiche ma nessuna moderna. Concettualmente, non è moderno stare sopra una barca con poco equipaggio, non è moderno avere una barca con una murata bassa e in cui riesci a camminare piacevolmente sulla coperta con mare formato senza rischiare di essere sbalzato fuori bordo. È moderno stare su una barca scomoda in coperta, dove in realtà si passa la maggior parte del tempo, leggerissima, con molta vela, pericolosa, con verricelli per manovrare e angoli di sbandamento vertiginosi. Se scelgo un taglio antico, è per le sue soluzioni tecniche, non per scimmiottare una estetica antica. Se invece mi si richiede una barca faticosa su cui cambiare molte vele, piena di winches, su cui far spesso spinnaker o gennaker – perché i proprietari si divertono un mondo a farlo – i progettisti moderni hanno risposto molto meglio. Viceversa, se si vuole una barca su cui non far mai un cambio vele, perché la carena è fina e la barca corre già così, anche con poca vela, si ha poca scelta. Le barche moderne non lo fanno”. − Carlo Sciarrelli

Carlo Sciarrelli si definiva allievo di Artù Chiggiato , e riconosceva come secondo punto di riferimento l’Architetto Bruno Veronesi.

Carlo Sciarrelli aveva una grande conoscenza della nautica grazie ai suoi studi continui e costanti attraverso i quali il Maestro triestino ha voluto ricercare la perfetta armonia tra linee e soluzioni che si adattino al mare, alle tradizioni, e che siano adeguate ai desideri di coloro che poi dovranno navigare sulle barche da lui progettate, in un perfetto equilibrio tra materiale, forma e dislocamento: in poche parole, la barca di Dio.

“Quando mi viene commissionato un progetto, cerco di elaborare al meglio il tema che mi viene proposto. E cerco anche di far sì che la barca sia bella.” − Carlo Sciarrelli

Carlo Sciarrelli è anche autore de “Lo Yacht – Origine ed evoluzione del veliero da diporto”, importante libro edito per la prima volta nel 1970 da Ugo Mursia Editore e tuttora ristampato.

Il libro è considerato uno dei maggiori trattati sulla storia e l’evoluzione dello yachting a vela, e nello stesso son trattati anche gran parte dei progetti del Maestro triestino, il quale teneva un personale elenco delle imbarcazioni da lui disegnate e riconosciute.

Questo elenco è composto da una serie di fogli manoscritti che il Maestro teneva appeso dietro alla propria scrivania, e che negli anni si è allungato sempre di più, sino a prendere il nome de “ la striscia” .

Delle 138 imbarcazioni riconosciute, i progetti ritenuti migliori sono contrassegnati da un asterisco , e solo quattro progetti, tra cui il San Nicolò, un piccolo gioiello di 6.7 metri costruito come prototipo del successivo Schooner Dragut , sono marcati con due asterischi.

Fra gli amatori delle barche di Sciarrelli, è motivo di orgoglio navigare su uno “Sciarrelli-Striscia”, elemento che contraddistingue il pregio e l’unicità dell’imbarcazione su cui si naviga.

Oubliette Magazine ha ricostruito per i suoi lettori la Striscia completa con alcuni dettagli sulle imbarcazioni.

001: Anfitrite * ; è un cutter in legno di 8 metri costruito nel cantiere Depangher e varata nel 1960. È stata la prima barca disegnata e costruita dal Maestro.

002: Aglaja * ; è un cutter in legno di 8,7 metri costruita nel cantiere Memo, è stata varata nel 1964.

003: Persefone; è una barca tradizionale in legno di 6 metri, varata nel 1964 e di cui son state costruite quattro repliche.

004: Aletto; è un cutter tradizionale in legno lungo 7 metri, varato nel 1965.

005: Mariamanola; è uno sloop in legno di 8 metri, varata nel 1965 nel cantiere Apollonio.

006: Acasta; è uno schooner in vetroresina di 12.20 metri, varata nel 1966 in tre esemplari (il secondo esemplare si chiama Alleo ) nel cantiere Sicid.

007: Marie * ; è uno sloop in legno di 9 metri varato nel 1966 nel cantiere Crisman-Giraldi.

008: Astarte * ; è uno sloop da regata in legno lungo 10,80 metri costruito presso i prestigiosi cantieri Craglietto e varato nel 1966

009: Aethra ** ; è uno sloop in legno lungo 11,30 metri, costruito da Craglietto e varato nel 1967. Esistono due repliche.

010: Mon Ile * ; è uno sloop da crociera in legno lungo 9 metri. La barca è stata costruita da Crisman-Giraldi ed è stata varata nel 1966. Ne esistono due repliche, tra cui Andromeda .

011: Astrea * ; è uno sloop in legno lungo 9 metri. La barca è stata costruita dal cantiere Marchi di Campalto (VE) ed è stata varata nel 1967. Ne esistono due repliche.

012: Athena ** ; è uno sloop in legno lungo 10,80 metri, costruito da Craglietto. L’anno del varo è il 1967, e ne son state fatte due repliche: Attica, ed una terza barca di cui non abbiamo traccia.

013: Nome sconosciuto; di questa barca sappiamo solo che si tratta di un ketch da crociera in acciaio, lungo 12 metri, e costruito in tre esemplari nel 1968. Sconosciuto anche il cantiere costruttore.

014: Dulcemar; è un motorsailer in legno di 13 metri, costruito da Craglietto e varato nel 1968.

015: Adria II ** ; è uno sloop in legno lungo 13 metri, costruito da Craglietto e varato nel 1968. Sciarrelli ne segnala due repliche, una delle quali porta il nome di Franca III.

016: Aglaja II * ; questa barca, che riprende il nome del progetto 002, è uno sloop da regata in legno lungo 9,80 metri, costruito dal cantiere Crisman-Giraldi e varato nel 1969.

017: Alema * ; è uno sloop da regata in legno di 10,80 metri, costruito dal Mastro d’Ascia Piero Crosato a Roncade (TV) nel 1969.

018: Sandra II * ; è uno sloop da regata in legno lungo 11,30 metri, costruito da Craglietto e varato nel 1969

019: Barnaba * ; si tratta di un cutter in legno lungo 11,40 metri. La barca è stata costruita nel cantiere Marchi e varata nel 1969. Ne sono state costruite due repliche tra cui Alfeja .

020: Foca; Foca è il primo motoscafo che troviamo nella striscia . Si tratta di uno scafo in legno di 9,15 metri costruito da Craglietto, e varato nel 1969.

021: Altanea; è uno sloop in legno di 11,50 metri costruito dal cantiere Memo e varato nel 1969.

022: Rosso di Sera; è uno sloop di 8,70 metri in legno, varato nel 1969. Cantiere sconosciuto.

023: Astarte II * ; nasce come sloop da regata in legno, lunga 11,27 metri, è stata costruita da Craglietto e varata nel 1969.

024: Sharazad; è uno sloop di 10,50 metri in legno, di cui esistono due repliche. È stata varata nel 1970. Cantiere sconosciuto.

025: Stryga; è un ketch in legno di 13 metri, costruito nel cantiere Marchi di Campalto e varato nel 1970. Ne esistono due repliche.

026: Nome sconosciuto * ; si tratta di una passera istriana in legno lunga 6,75 metri, costruita in 4 repliche. Il primo esemplare fu costruito nel cantiere Craglietto e varato nel 1970.

027: Auriga; è uno sloop da regata in legno lungo 11,30 metri, costruito nel cantiere Crisman-Giraldi e varato nel 1970.

028: Asteria; è uno sloop in legno di 9,28 metri costruito dal cantiere Marchi e varato nel 1971. Ne esistono tre repliche.

029: Raireva; barca voluta, commissionata e fatta realizzare nel 1971 dal Conte Solaro e varata poi nel 1972.

030: Arcana * ; è uno sloop in legno di 13 metri, costruito dal cantiere Marchi e varato nel 1971.

031: Venturiera; è una barca tradizionale in legno lunga 7 metri e varata nel 1967. Cantiere sconosciuto.

032: Sandra III * ; è uno sloop da regata in legno lungo 11,30 metri. È stata costruita da Craglietto e varata nel 1971.

033: Nome sconosciuto; sloop in legno di 13 metri del 1971, cantiere sconosciuto.

034: Nome sconosciuto; sloop in lega leggera di 11,30 metri del 1971, cantiere sconosciuto.

035: Aglaja III; è uno sloop da regata in legno lungo 9,50 metri, costruito da Craglietto e varato nel 1971.

036: Nome sconosciuto; è uno sloop da regata di 11,26 metri, costruito in vetroresina nel 1971 e del quale esistono due repliche. Cantiere sconosciuto.

037: Airone * ; è uno sloop in legno di 11,26 metri, costruito dal cantiere Crisman-Giraldi nel 1971. Se ne conoscono due repliche.

038: Ares * ; è uno sloop da regata di 9,95 metri, costruito in lega leggera nel cantiere Gennari. Varato nel 1971, se ne conoscono due repliche.

039: Sagittario * ; è una delle barche più famose. Disegnata per la Marina Militare Italiana, è un cutter che fu concepito per partecipare alla OSTAR, una delle più dure regate dell’epoca. La barca è lunga 15,45 metri, ha lo scafo in legno, ed è stata costruita nei cantieri Craglietto, con varo avvenuto nel 1972.

040: Alosa * ; è una pilotina a motore in legno di 12,50 metri, costruita nei cantieri Craglietto e varata nel 1973. Ne son state costruite due repliche.

041: Coconasse * ; è un cutter in lega leggera di 16 metri, disegnato per partecipare alla OSTAR. Fu costruito nel cantiere Gennari e varato nel 1972.

042: Nome sconosciuto; è un motorsailer in legno di 10,50 metri, costruito dal cantiere Crisman-Giraldi e varato nel 1972.

043: Cork * ; è uno sloop in legno lungo 20 metri, è stato costruito da Craglietto e varato nel 1972.

044: Alcina; è unno sloop in legno lungo 11,50 metri. Fu costruito nei cantieri Craglietto e varato nel 1972.

045: depennato dalla striscia; non realizzato o disconosciuto dal Maestro.

046: Aglaja IV; quarta della serie delle “Aglaja”, è uno sloop da regata in lega leggera lungo 11,50 metri. È stata costruita nel cantiere Gennari e varata nel 1972. Se ne conoscono due repliche.

047: Minitoner; è uno sloop in legno di 6,15 metri varato nel 1973. Cantiere sconosciuto.

048: Nome sconosciuto; è uno sloop in vetroresina di 9 metri del 1974. Cantiere sconosciuto.

049: Nome sconosciuto; è un motorsailer in legno lungo 16 metri, costruito nel cantiere Marchi e varato nel 1973.

050: Orion; è la prima di una serie di 25 imbarcazioni di vetroresina costruite a partire dal 1973 in diversi cantieri, lunga 7,30 metri ed armata a sloop.

051: Namar * ; è un cutter in legno concepito per le regate oceaniche. La barca è lunga 12,50 metri, ed è stata costruita nel cantiere Marchi. Il varo è avvenuto nel 1973.

052: Nome sconosciuto; è un ketch in ferrocemento di 16 metri, varato nel 1973. Probabilmente autocostruito.

053: HWIL ; è un cutter di 9,60 metri in legno, costruito a Pola (Croazia), il nome del cantiere costruttore è sconosciuto, mentre l’allestimento è stato terminato dal cantiere Vidoli. Il varo è avvenuto nel 1973.

054: Alema II; È uno sloop in lega leggera di 12,70 metri, costruito nel cantiere Scardellato di Jesolo (VE). Il varo è avvenuto nel 1973. Se ne conoscono due repliche.

055: Chaplin * ; si tratta di uno dei progetti più famosi del Maestro. La barca è uno sloop in legno di 15,75 metri, costruito dai prestigiosi Cantieri Navali Sangermani e varato nel 1973. La barca appartiene alla Marina Militare Italiana, e fa parte del Gruppo Vela d’Altura della Marina.

056: Marchi 47”; è la seconda serie di imbarcazioni che il Maestro ha progettato, in questo su commissione del cantiere Marchi di Campalto.  Si tratta di uno sloop in vetroresina lunghi 14,50 metri, prodotto a partire dal 1975 in 30 esemplari.

056 bis: Mai realizzato ; Si tratta del progetto di un one tonner OTC.

057 Julie Mother * ; è un imponente schooner in legno di 30 metri, costruito dai Cantieri Sangermani e varato nel 1974.

058: Mai realizzato; di questa barca sappiamo solo che si tratta di uno sloop di 9,80 metri.

059: Nome sconosciuto; è uno schooner in acciaio lungo 22,10 metri costruito in Francia presso i cantieri Biot. Il primo esemplare fu varato nel 1974. Se ne conoscono tre repliche.

060: Scia 50”; ci troviamo forse davanti alla più famosa delle barche progettate dal Maestro e costruite in serie dal cantiere Ambrosi. Si tratta di uno schooner di 15 metri in vetroresina costruito a partire dal 1975.

061: pescherecci; il Maestro non si è tirato indietro nella costruzione di scafi da lavoro. Al progetto n.61 fanno riferimento tre imbarcazioni da pesca lunghe 12, 15 e 17 metri, costruite dai cantieri Craglietto a partire dal 1975.

062: Grande Zot; il primo Grande Zot è un cutter in acciaio disegnato dal Maestro per lo skipper veneziano Angelo Toso. È lungo 10,85 metri, ed è stato costruito nel cantiere Zennaro, sull’Isola della Giudecca, a Venezia. Il varo è avvenuto nel 1975. Se ne conoscono ben 7 repliche.

063: Chirone * ; è un catboat in legno di 7,50 metri costruito da Craglietto e varato nel 1975. Se ne conoscono 5 repliche.

064: Agos; è uno sloop di 11 metri in legno, costruito dal maestro d’ascia Piero Crosato a Roncade (TV). La barca è stata varata nel 1975 ed è attualmente in vendita.

065: Mai realizzato; si tratta di un ketch in acciaio di cui non si hanno altri dati.

066: Papaia; è uno sloop in legno di 12,50 metri costruito da Crisman-Giraldi e varato nel 1975.

067: Raggio di Sole; è uno sloop in legno di 12,50 metri costruito da Crisman-Giraldi e varato nel 1975.

068 : Windless * ; è uno sloop in legno di 15 metri costruito nei cantieri Craglietto e varato nel 1975. La barca presenta il timone appeso su agugliotti e ha partecipato a diverse Middle Sea Race.

069: Vintas; è uno schooner in acciaio di 17 metri costruito in Francia presso i cantieri Biot. Il varo è avvenuto nel 1976.

070: Ristrutturazione; progetto di ristrutturazione di una imbarcazione in legno di 15 metri, avvenuto nel 1975. Non son state reperite maggiori informazioni.

071: Nome sconosciuto; si tratta di un cutter in legno di 15,25 metri costruito dal maestro d’ascia Piero Crosato. Se ne conoscono due repliche.

072: Judeca; Scafo ben noto ai veneziani, Judeca è uno schooner in acciaio di 14 metri varato nel 1975. Ci è sconosciuto il cantiere, che ne ha realizzate tre repliche.

073: Nome sconosciuto; è un motorsailer in legno di 10,50 metri, costruito da Crisman-Giraldi e varato nel 1975.

074: Scia 40”; col progetto n.74 troviamo la serie dei 20 sloop in vetroresina di 12,50 metri costruiti dal cantiere Ambrosi a partire dal 1976.

075: Nome sconosciuto; si tratta di un peschereccio in acciaio di 10,90 metri, costruito in tre repliche dal cantiere Manganini.

076: Non realizzato o disconosciuto. Da un commento al post: Schooner Scia 50 – her name is also Papaya. 

077: Scia 60”; è uno schooner in vetroresina di 18 metri, costruito in sei repliche dal Cantiere Ambrosi a partire dal 1977.

078: Chica Boba II * ; è un cutter OSTAR di 17 metri costruito dal Cantiere Gennari e varato nel 1978.

079: Nome sconosciuto: è un ketch in acciaio di 16 metri varato nel 1978, di cui si ignora il cantiere costruttore.

080: Niobe * ; si tratta di un cutter in legno di 12,50 metri, costruito dal cantiere Crisman-Giraldi e varato nel 1980.

081: Freya * ; si tratta di uno schooner in legno di 18 metri costruito dai cantieri Craglietto e varato nel 1979.

082: Fraia * ; è un cutter in legno di 13 metri costruito dai cantieri Crisman-Giraldi e varato nel 1979. Se ne conoscono due repliche.

083: Winsome * ; è una barca tradizionale in legno di 7,50 metri, varata nel 1980. Fu costruita dai Cantieri Cattaneo di Varazze. Dalle linee del Winsome nel 1984/1985 fu derivata una versione con identiche linee ma lunga 10,50mt che fu costruita in Vetroresina in 4/5 esemplari dal Cantiere Patrone di Ceriale ed esposta con il nome commerciale “Winsome 35” al Salone Nautico di Genova del 1986.

084: Italia * ; è un cutter in legno di 13,30 metri, costruito dai cantieri Craglietto e varato nel 1980.

085: Serida * ; è un ketch in legno di 16,30 metri, costruito dai Cantieri Navali Carlini e varato nel 1980.

086: Perla; si tratta di un cutter in legno di 13,30 metri, costruito dai cantieri Craglietto disegnato nel 1981 e varato nel 1983. Il disegno del Perla nasce come riduzione per avere una misura “più umana” e più essenziale del Chica Boba II.

087: Nome sconosciuto; è una barca tradizionale in vetroresina, lunga 10,50 metri, costruita dai cantieri Padrone di Seriale. Il varo è avvenuto nel 1981. Se ne conoscono tre repliche.

088: Chica Boba III * ; ci troviamo davanti a una delle barche più famose disegnate dal Maestro. Si tratta di un cutter OSTAR in legno di 18,30 metri costruito dai cantieri Carlini. Il varo è avvenuto nel 1981.

089: Menion * ; è un cutter in legno di 12,50 metri varato nel 1981. Cantiere sconosciuto.

090: San Nicolò**; nasce come prototipo in scala del Dragut, progetto n. 106, e le linee di carena derivano dallo Schooner St. Ann del 1736. La barca è un cutter aurico in legno lungo 7 metri, di cui si conoscono tre repliche. Il primo esemplare fu costruito a Trieste dal cantiere Frausin e fu varato nel 1983 per conto di Giulio Ciani Bassetti . Ne esistono altre due repliche: Janega ed una terza di cui ignoriamo il nome, costruite dal mastro d’ascia piranese Arrigo Petronio.

091: Windsurf sperimentale * ; sempre su richiesta di Giulio Ciani Bassetti , Sciarrelli disegnò nel 1981 un prototipo di windsurf in vetroresina. Le linee derivano da una pirofregata austriaca della fine del 1800. Il windsurf è andato perduto.

092: Non realizzato

093: Grande Zot * ; è un Baltimor Schooner in acciaio lungo 16 metri, costruito nel cantiere Mancini-Zennaro di Venezia e varato nel 1981. La barca fu commissionata dallo skipper Angelo Toso per il charter, e il suo nome è indissolubilmente legato a Erik Tabarly, che la noleggiò per 4 anni di fila ai Caraibi. Il progetto del Grande Zot è una rivisitazione del San Nicolò e del Sant’Ann, e il varo, avvenuto nel 1982 anticipa di 4 anni quello del Dragut , di cui si stava accumulando il legname di cedro del Libano per la costruzione. Di Grande Zot esistono 5 repliche, tra cui Grande Blu, Fra Dolcino e Oberon (Ex Melil V).

093 bis: Tartana; non è stata purtroppo reperita alcuna informazione su questo scafo.

094: Nome sconosciuto; è un catboat in legno lungo 6 metri varato nel 1982. Non si conosce il cantiere di costruzione.

095: Nome conosciuto * ; si tratta di uno sloop in legno lungo 11 metri, costruito da Carlini e varato nel 1982.

096: Valentina * ; questo ketch in legno, lungo 14,80 metri, è stato costruito dal cantiere Crisman-Giraldi, con varo avvenuto nel 1982.

097: Even * ; è uno schooner in acciaio lungo 20 metri, costruito grazie ad una collaborazione tra i cantieri Rossato e Carlini. Il varo è avvenuto nel 1983.

098: Rorolima; è un cutter in legno lungo 15 metri, costruito dal prestigioso Cantiere Sangermani, e varato nel 1984.

099: Nome sconosciuto; è uno sloop in acciaio di 14 metri. Si ignora il cantiere costruttore. Il varo è avvenuto nel 1983.

100: Angelica II * ; è un cutter in legno lungo 15 metri, costruito dal cantiere Crisman-Giraldi e varato nel 1984.

101: Delirio; è uno schooner in acciaio lungo 20 metri, costruito dal cantiere San Giorgio del Porto, e varato nel 1983.

102: Nome sconosciuto; è un cutter tradizionale in acciaio lungo 11 metri, e varato nel 1984. Si ignora il cantiere costruttore.

103: Nome sconosciuto; è uno sloop in legno lungo 9 metri, varato nel 1985. Cantiere sconosciuto.

104: Serida II; si tratta di un ketch in legno lungo 22 metri, costruito dai cantieri Carlini. Il varo è avvenuto nel 1985.

105: Nome sconosciuto; è uno sloop in acciaio lungo 15 metri, costruito a Venezia presso il cantiere Zennaro. Il varo è avvenuto nel 1985. Se ne conoscono due repliche.

106: Dragut * ; è uno schooner costruito in cedro del Libano nel 1986 dal maestro d’ascia Piero Crosato. Il progetto deriva dallo Schooner St.Ann del 1736, ed è la versione definitiva del prototipo n. 90 San Nicolò. L’armo è a bug-eye schooner, tipico degli schooner da lavoro americani. La barca è stata acquisita nel 2015 da un nuovo armatore specializzato in restauro di scafi d’epoca, che l’ha totalmente restaurata mantenendone l’originalità. Dragut attualmente naviga nel Mediterraneo ed è in vendita: per maggiori informazioni si prega di scrivere in redazione [email protected], inserendo nell’oggetto dell’e-mail Info Schooner Dragut.

107: Mattutina; è un ketch in acciaio inox aisi 316L, lungo 14,50 metri. Lo scafo è stato costruito in una officina meccanica di Porto Marghera e varato nel 1986. La barca fa base a Venezia presso la Compagnia della Vela.

108: Isacco * ; è il più famoso dei pescherecci disegnati dal Maestro, tanto da essere citato nel suo libro “Lo Yacht”. Si tratta di uno scafo da lavoro in legno lungo 14 metri. La costruzione è avvenuta nel cantiere Crisman-Giraldi, ed il varo risale al 1986.

109: Angelica III * ; si tratta di un magnifico cutter in legno lungo 18 metri. Costruita nel cantiere Crisman-Giraldi, è stata varata nel 1986.

110: Fortuna; è uno sloop in acciaio lungo 16 metri. Non si conosce il cantiere costruttore. Il varo è avvenuto nel 1987.

111: Clan; è un cutter in legno lungo 16,30 metri, costruito presso i cantieri Carlini. Il varo è avvenuto nel 1986.

112: Aurora; è un cutter in acciaio lungo 12 metri. La barca fu costruita in due esemplari presso il cantiere Mancini. Il varo del primo esemplare è avvenuto nel 1987.

112 bis: Nome sconosciuto; è uno yawl in acciaio lungo 12 metri. La barca fu costruita presso il cantiere Mancini. Il varo è avvenuto nel 1991.

113: Nome sconosciuto; si tratta di un progetto di restauro riguardante uno scafo in legno di 18 metri, avvenuto presso i cantieri Carlini nel 1987.

114: Nome sconosciuto * ; è uno sloop in legno lungo 9,50 metri. La costruzione fu affidata ai cantieri Carlini, ed il varo è avvenuto nel 1987.

115: Non realizzato o disconosciuto.

116: Non realizzato o disconosciuto.

117: Anita; è un ketch in acciaio lungo 16 metri. Costruito nel Cantiere Navale Triestino, il varo è avvenuto nel 1988.

118: Nome sconosciuto; è un cutter in legno lungo 15 metri, varato nel 1988, non si conosce il cantiere costruttore.

119: Tiziana III; è un cutter in legno lungo 14,25 metri costruito nei cantieri Foletti. Il varo è avvenuto nel 1988.

120: Fenice * ; è un cutter in legno lungo 16 metri. La costruzione fu affidata al Cantiere Carlini. Il varo è avvenuto nel 1988.

120 bis: Parsifal; era un cutter in legno lungo 16 metri, costruito dai cantieri Carlini e varato nel 1990. Il nome di questa barca è legato alla tragedia avvenuta il 2 novembre del 1995, quando la barca affondò nel Golfo del Leone a causa di una tempesta mentre partecipava al Trofeo Millemiglia. Dei nove membri dell’equipaggio, solo tre son sopravvissuti.

121: Nome sconosciuto; è un motoscafo in vetroresina di 12,50 metri varato nel 1989. Cantiere costruttore sconosciuto.

122: Pamadica * ; è un cutter in legno lungo 15 metri. La barca è stata costruita dal cantiere Carlini e varata nel 1989.

123: Angela; è un cutter in legno lungo 14,25 metri costruito nel cantiere Foletti. Il varo è avvenuto nel 1992. La barca è in vendita.

124: Nome sconosciuto; è un cutter in legno lungo 14,25 metri costruito nel cantiere Torelli. Il varo è avvenuto nel 1989.

125: Nome sconosciuto; è un ketch in acciaio lungo 16 metri costruito dal cantiere Mancini. Il varo è avvenuto nel 1989.

126: Dulcinea * ; si tratta di un cutter in legno lungo 14 metri costruito dai cantieri Carlini. Il varo è avvenuto nel 1990.

127: Tirrenia II * ; si tratta del progetto di ristrutturazione di un ketch in legno del 1913 lungo 18,50 metri. Il restauro è avvenuto sotto la direzione del Maestro presso il cantiere Alto Adriatico, ed il varo è avvenuto nel 1992.

127 bis: Non realizzato; si tratta del progetto di un cutter di 12 metri in legno.

128: Nome sconosciuto: è un ketch in acciaio di 16,50 metri costruito nel cantiere Viking di Istanbul. Il varo è avvenuto nel 1991.

129: Moya * ; si tratta di un progetto di ristrutturazione di un cutter in legno del 1910 lungo 13 metri. Il restauro è stato eseguito nel 1992 dal Cantiere Alto Adriatico sotto la direzione del Maestro.

130: Non realizzato.

131: Hilde; è uno sloop in legno di 11 metri, costruito da Carlini e varato nel 1994.

132: Latest Rorolima; è un motoryacht in legno lungo 15 metri, costruito da Carlini e varato nel 1996.

133: Isabella * ; è uno yawl in legno di 14 metri, costruito dal cantiere Alto Adriatico e varato nel 1995. La barca è in vendita.

134: Angelica IV; è uno sloop in legno lungo 17 metri, costruito dal cantiere Carlini e varato nel 1998.

134 bis: Aidena; questa barca non è mai stata costruita. Si tratta del progetto di uno sloop di 10 metri risalente al 1997.

135: Despina; è il più apprezzato degli ultimi progetti del Maestro. Si tratta di una passera istriana in legno lunga 6 metri, costruita dal cantiere Alto Adriatico e varata nel 2000. Ne sono stati realizzati altri due esemplari: Nababbo e Istria.

136: Orion; è un cutter in legno lungo 12,50 metri, costruito dal cantiere Alto Adriatico e varato nel 1999.

137: Tiziana IV; è uno sloop in legno lungo 15,50 metri, costruito dal cantiere Alto Adriatico e varato nel 2001. La barca è in vendita.

138: Non realizzato; si tratta del progetto di un cutter in legno di 13,50 metri risalente al 2004.

138 bis: Clan III; è uno sloop in legno di 19 metri costruito dal cantiere Carlini e varato nel 2005. La barca è in vendita.

138 tris: Nome sconosciuto; si tratta di uno scafo in alluminio di 13,98 metri costruito nel cantiere Mancini e varato nel 2002.

Questo lavoro di ricerca si basa sulla “striscia” appesa nello studio del Maestro triestino e su una non facile studio bibliografico, in quanto la sola “striscia” non consente una maggiore completezza nei dati, quali ad esempio il nome delle imbarcazioni, il numero di repliche del progetto, il nome dei cantieri. Chi volesse contribuire a rendere maggiormente completo il lavoro, può inserire i dati nei commenti all’articolo o scrivere all’indirizzo email [email protected] .

Written by Claudio Fadda

Bibliografia

Carlo Sciarrelli; Lo Yacht, storia ed evoluzione del veliero da diporto , Mursia Editore, 1970

AA.VV.; Carlo Sciarrelli Architetto del Mare , Comunicarte Edizioni, 2007.

Gianpietro Zucchetta; Mattutina , Grafiche Veneziane, 2015.

Flavio Serafini; Vele d’Epoca nel Mondo , Gribaudo Editore, 2002.

Howard I. Chapelle, The Search for Speed Under Sail, 1700-1855, Norton Edizioni, 1947.

Federico de Minerbi, Le Barche di Artù, le Opere di Artù Chiggiato, un Maestro dello Yacht Design , Dario de Bastiani Editore, 2017

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Lorenzo Pecorari scrive su Facebook:

N^53 Hwyl committente ingegner Argeo Benco su richiesta a Sciarelli di disegnare una barca simile ad Aglaia, non è riuscito ad averla perché il cantiere a cui era stata commissionata l’ha venduta a sua insaputa scappando con il ricavato. Nel frattempo la barca passava di proprietà a Luciano Santinon che la fece finire di costruire (visto i tempi lunghi del nuovo cantiere i paesani la battezzano Odissea).

Anni più tardi passa di proprietà a Piero Tassinari che inizia a Monfalcone un restauro meticoloso cambiando nome alla barca battezzandola Hwyl: per il suo significato che letteralmente è il termine con cui si indica la vela di una barca. Hwyl è una parola gallese, meravigliosamente onomatopeica (si pronuncia u-il), che sta a significare esuberanza o eccitazione, come se ci si stesse muovendo insieme a una folata di vento. La si usa per descrivere un lampo di ispirazione, l’entusiasmo di un cantante o il buonumore di una festa. Hwyl è anche la parola con cui si dice addio: Hwyl fawr – vai con il vento in poppa. Piero però non riuscirà a concludere il restauro per motivi di salute. Infine dopo una trattativa lunga qualche anno, diventai il nuovo armatore continuando il lavoro di Piero, ricostruendola nel materiale e nell’anima stringendo grandi amicizie con i vecchi armatori, scoprendo l’amore e tempo che le avevano dedicato.

Matteo Freschi scrive su Facebook:

“072: Judeca; Scafo ben noto ai veneziani, Judeca è uno schooner in acciaio di 14 metri varato nel 1975. Ci è sconosciuto il cantiere, che ne ha realizzate tre repliche.”

Se è come credo è stato costruito dai fratelli Battois del DVV che poi si sono costruiti il Judeca II.

buona sera, innanzi tutto complimenti per il grosso lavoro di raccolta informazioni svolto!!! Vorrei però aggiungere un paio di precisazioni sui dati inseriti, dato che mio padre è stato armatore di ben due barche progettate da Sciarrelli: la 098 Rorolima è un cutter costruito da Sangermani e varato nel 1984 (ho letto anche il nostro cognome sulla foto dell’elenco di Carlo!). la 132, che compare in una fotografia, l’abbiamo però chiamata Latest Rorolima, ed è una pilotina costruita da Carlini e varata nel 1996. Grazie dell’attenzione e un saluto cordiale. Rossana Veniglio

Gentilissima Signora Veniglio, le faccio doppiamente i complimenti per queste imbarcazioni, e la ringrazio per le precisazioni, che stiamo provvedendo ad apportare. Nell’articolo pur conoscendo i cognomi di alcuni armatori, non essendovi in contatto diretto, questi sono stati omessi se non si ha autorizzazione a citarli. Un cordiale saluto. Claudio Fadda

Marco Massimo Marini scrive su Facebook:

A completamento del progetto n°29, il cantiere era “Cantieri Navali di Boretto Po” progetto denominato “Kunak”.

Nome sconosciuto; di questa barca sappiamo solo che si tratta di un ketch da crociera in acciaio, lungo 12 metri, e costruito in tre esemplari nel 1968. Sconosciuto anche il cantiere costruttore.

Uno di quest esemplari fu acquistato dall’imprenditore Beniamino Ferrante che gli attribuì il nome di “Gulliver” e negli anni 70 si trovava nel porticciolo di Mergellina. L’armatore, deceduto diversi anni fa, aveva apportato diverse modifiche in particolare agli interni.

Mi interessava saperlo avendo fatto la mia prima navigazione d’altura con quella barca.

Yna Jawa un cutter di 11 metri, mi pare ne siano stati costruiti 5 esemplari con scafo in vetroresina, cantieri triestini Yader

Mi hanno detto che i cantieri Yader avevano prodotto un deplian su questo cutter disegnato dal maestro Sciarelli. Se qualcuno ha informazioni in merito, visto che devo procedere ad un restauro di tale imbarcazione. Sono grato a chi mi produrrà informazioni

Buonasera; complimenti per l’articolo, che leggo solo ora. Sono proprietario di Ares, progetto n. 38, in ottima forma a Porto Garibaldi. La seconda replica si chiama Ares Again e a quanto mi risulta naviga in alto Tirreno. Il progetto di Carlo Sciarrelli è del 1971, il varo del 1973. Costruttore Cantieri Gennari di Pesaro. Cordiali saluti Sergio Boscoli

Gentile signor Boscoli, la ringrazio per il suo intervento. Grazie a molti armatori e appassionati si sta pian piano arricchendo questo studio sulla storia degli scafi del Maestro. Un cordiale saluto e Buon Vento! Claudio Fadda

So di una replica del “Joshua”, in acciaio, intorno ai 12 m, affondata parecchi anni addietro mentre era all’ancora nella rada di Fanò a causa di un incendio. Comprensibilmente l’armatore è restio a parlarne, quindi non ho altri dati.

Grazie Adolfo, ero a conoscenza di uno scafo “simil Joshua” con poppa a canoa commissionato a Sciarrelli, di cui uno di colore nero che si chiama attualmente Anamcara, ma non so se sia la stessa barca.

Non si tratta di una replica di Joshua, bensì di un revisione del Joshua (quando l’armatore, il Conte Solaro, chiese un joshua, il Maestro rispose che lo avrebbe fatto ma con linee d’acqua migliori…pensare che il Maestro lo rifaccia identico non sarebbe certamente credibile). Si tratta appunto del Progetto 29. Quello bruciato integralmente dovrebbe essere il Raireva di proprietà di Matteo Picchio. Sul suo sito si trovano informazioni, piani, e tutto il suo lavoro di restauro. Kunak – Anamcara di Marco Massimo Marini è anch’essa perfettamente navigante e mantenuta. Le altre due repliche, conosco il nome e localizzazione. Sono in condizioni assolutamente non comparabili a quelle eccelse di Raireva ed Anamcara, una è ancora armata con il sartiame originale e “galleggia” in porto. L’altra è passata di mano ad un paio di proprietari, gli interni sono stati stravolti, sebbene abbia un motore praticamente nuovo, richiede molto lavoro.

Buona sera, sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questa barca: AKu AKU, ketch di 12 metri costruito nel veneto in fasciame incrociato (credo Crosato) in due esemplari, non lo ritrovo nel suo elenco. se può essere utile invio disegni, oggi è disarmmato e aspeta un nuovo armatore che lo restauri. Allegherei volentieri foto e disegni ma qui non mi pare possibile.

Buona sera signor Accurso, conosco Aku Aku, si tratta di una barca costruita dai cantieri Marchi di Campalto credo in due esemplari, ma non conosco il numero di progetto. So che la barca da diversi anni è in disarmo in un capannone.

Non è corretto il commento sul progetto N. 93 del quale ne sono state realizzate 5 gemelle + 2 con armo bermudiano e non aurico. Fra le Gemelle del GRande Zot c’è Grand Bleu, Fra Dolcino, Alepf, Chiaretta, e con armo bermudiano Germana e Oberon.

Buon giorno Corrado, la ringrazio per il suo intervento. Il mio elenco si basa sui dati ufficiali dell’elenco ereditato dall’architetto Lenardon, allievo del maestro Sciarrelli e alcune indagini che ho incrociato. Se ha maggiori dettagli per integrare la documentazione può contattarmi via email all’indirizzo indicato nell’articolo, in quanto riguardo al progetto 93, non tutte le repliche costruite da Zennaro furono autorizzate e riconosciute e ho riportato solo quelle di cui ho certezza e documentazione. Ad esempio con lo stesso nuovo armatore di Oberon abbiamo passato diversi mesi nel ricercare le fonti sul riconoscimento di Oberon (ex Melil V), sino a trovare l’autorizzazione scritta alla replica e il riconoscimento della gemella, prima di valutarne l’acquisto da parte del nuovo armatore, e prima di inserirne il nome nell’articolo. So ad esempio anche di uno scafo in legno restaurato a Cagliari alcuni anni fa che risponderebbe al nome “Mario”, di cui si son poi perse le tracce e che viene attribuita al progetto 93, oltre che di un’altra barca che sosta nel sud Sardegna e viene spesso confusa con Oberon e attribuita a Sciarrelli ma di cui purtroppo non ho ancora trovato riscontro pur avendola più volte avvistata al largo.

  • Pingback: Intervista di Claudio Fadda all’Ammiraglio Cristiano Bettini: vi presentiamo Come progettavano i Velieri - OUBLIETTE MAGAZINE

buongiorno, sono il felice possessore del progetto N.71, cutter di 15,28 mt. di nome “Yara ” varato nel 1977 e costruito dal Cantiere Crosato , scafo completamente in legno, esistono due disegni simili ma non conosco l’attuale situazione. di proprietà della nostra famiglia dal 1977, ora inizierà i lavori di refitting nel Cantiere Alto Adriatico di Monfalcone. la barca ha navigato fino ad una 10 anni fa in Turchia e Grecia.

Buongiorno, mio padre possedeva l’altro Sciarelli “Iomatres”. Ce ne siamo dovuti separare all’inizio degli anni 90. Ma ci farebbe tanto piacere sapere in che acque naviga. Speriamo ventose e sicure! Qualcuno può aiutarmi?

Buongiorno Nicola, ricordo con piacere quando mio padre e tuo padre discutevano e progettavano insieme a Sciarelli le nostre barche, insieme al terzo membro del gruppo, il sig. Dona … io ho ancora i piani velici anche della tua ex barca !! speriamo tu possa avere informazioni sulla tua barca e chissà dove si trova la terza barca !!!!……un saluto.

I think we have #76!!!!

Schooner Scia 50 – her name is also Papaya. (this case with a “Y”)

Would you be able to help confirm?

Buongiorno, Il primo progetto 112 è corretto sia il nome della barca sia l’armo. Per quanto riguarda invece il 112 bis le imbarcazioni prodotte furono Circe, Ferraù, Ulex varata nel 1995 portata al salone di Genova e recensita sulla rivista bolina n°148 Novembre 1998. L’armo però di queste barche e a cutter, il progetto porta il nome di Julianicus 40. Ne esisterebbe un altra che però non vide mai la luce e giace in kit di montaggio in un container.

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Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

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Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto Copertina flessibile – 1 febbraio 1998

  • Lunghezza stampa 524 pagine
  • Lingua Italiano
  • Editore Ugo Mursia Editore
  • Data di pubblicazione 1 febbraio 1998
  • ISBN-10 8842522686
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Carlo Sciarrelli - Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

Carlo Sciarrelli - Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

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  • 01/06/2014 10:40

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Le "barche" come esseri viventi: così le vede e ce le fa vedere l'Autore, costruttore egli stesso di yacht non "in serie" ma, per così dire, "su misura".

Tutti gli yacht famosi e meno famosi, che dalle origini a oggi hanno "contato", rivivono in questo libro con le loro caratteristiche, i loro risultati pratici, i loro capricci e le loro imprese. Le splendide tavole a colori mostrano in azione le barche, con tutto il fascino che emanano quando le vediamo sul mare. Il testo e le illustrazioni ci fanno capire il segreto della loro grazia, della loro forza e della loro velocità.

L'attenzione speciale rivolta allo scafo degli yacht è abbastanza naturale, da parte di un Autore che è anche costruttore, ma risulta nello stesso tempo pure rivelatrice della parte preminente dello scafo e delle sue caratteristiche nella "performance" di qualsiasi barca.

La vivacità dell'esposizione, la completezza delle notizie e della documentazione visiva e specialmente la passione "ragionata" con la quale viene rievocata la vicenda dello yacht, fanno di quest'opera un libro nuovo, che si distacca da ogni altra storia delle imbarcazioni da diporto.

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lo yacht di carlo sciarrelli

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Sottotitolo: origine ed evoluzione del veliero da diporto

Autore: carlo sciarrelli

Editore: ugo mursia editore

ISBN: 9788842513520

1 disponibili (ordinabile)

Titolo libro

Nome e Cognome

Descrizione

Raro esemplare della prima edizione del Gruppo Ugo Mursia del 1970 ristampata nel 1992 in perfetto stato di conservazione, collana “Biblioteca del Mare” 29 (Le strenne del mare 4). In-8, legatura editoriale telata blu con impressioni oro al piatto anteriore e al dorso; sovraccoperta in carta plastificata illustrata a colori (appena rovinata al dorso) con alette; 488 pp., con risguardi illustrati in azzurro, frontespizio stampato in azzurro e nero, 36 fotografie e 259 disegni in nero nel testo e 20 tavole a colori fuori testo.

Dall’aletta anteriore: Le barche come esseri viventi: così le vede e ce le fa vedere l’Autore, costruttore egli stesso di yacht non in serie ma, per così dire, su misura.

Perciò in queste pagine l’abbondantissimo corredo di piani e di dati costruttivi non riveste solo una funzione tecnica; esso permette soprattutto al lettore di partecipare all’intima natura dei singoli yacht, rendendolo sensibile alla loro individualità.

Tutti gli yacht famosi e meno famosi, che dalle origini a oggi hanno contato , rivivono in questo libro, con le loro caratteristiche, i loro risultati pratici, i loro capricci e le loro imprese.

Le splendide tavole a colori, tra cui quelle dovute a Beken di Cowes (i Beken, da varie generazioni, sono i maggiori fotografi di marina del mondo), mostrano in azione le barche, con tutto il fascino che emanano quando le vediamo sul mare. Il testo e le illustrazioni che lo accompagnano ci fanno capire più da vicino il segreto della loro grazia, della loro forza e della loro velocità. […]

Oltre 200 yacht passano davanti agli occhi del lettore, non come semplici e inerti citazioni, ma presentandosi con la loro autentica  personalità , e in relazione alla loro vita sul mare, al loro temperamento e alle circostanze in cui furono coinvolti. L’attenzione speciale rivolta allo scafo degli yacht è abbastanza naturale, da parte di un Autore che è anche costruttore; ma risulta anche rivelatrice della parte preminente dello scafo e delle sue caratteristiche nella performance di qualsiasi barca.

La vivacità dell’esposizione, la completezza delle notizie e della documentazione visiva (mai, forse, sono state raccolte e messe a confronto le caratteristiche strutturali di tanti yacht di ogni tempo), e specialmente la passione ragionata  con la quale viene rievocata la vicenda dello yacht, fanno di quest’opera un libro nuovo, che si distacca da ogni altra storia delle imbarcazioni da diporto.

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CARLO SCIARRELLI, UN’INTERVISTA-RICORDO A DIECI ANNI DALLA SUA MORTE

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In questa intervista, rilasciata nel 2002 presso il Cantiere Alto Adriatico di Monfalcone e mai pubblicata fino ad ora nella sua versione integrale, ricordiamo Carlo Sciarrelli, il grande progettista triestino scomparso il 23 settembre del 2006. 

Di Paolo Maccione – Ottobre 2011

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Carlo Sciarrelli: un'intervista ricordo a 10 anni dalla scomparsa

lo yacht di carlo sciarrelli

A dieci anni dalla scomparsa del progettistia Triestino, pubblichiamo un'intervista apparsa su Bolina nel 1988 ancora oggi di grande attualità per il settore della nautica da diporto

Carlo Sciarrelli: un'intervista ricordo a 10 anni dalla scomparsa

CARLO SCIARRELLI: BARCHE CON LE ALI di Giorgio Casti

«Se vuoi vedere una delle barche più belle mai costruite, esci al primo casello», mi dice Gian Marco Borea. Siamo diretti a Trieste a far visita al progetti sta Carlo Sciarrelli, e parlare con lui di barche. La prima uscita è S. Giorgio di Nogaro. «Di che barca si tratta?», chiedo a Gian Marco. «È il Dyarchy», risponde. Lasciamo l'autostrada e ci dirigiamo verso S. Giorgio di Nogaro. Avevo letto del Dyarchy proprio su Lo yacht, il libro di Carlo Sciarrelli; un volume, pubblicato da Mursia, fondamentale per comprendere l'evoluzione delle barche da diporto. Sciarrelli ha inserito il Dyarchy nel capitolo "Yacht da crociera", scrivendo: «La barca è stata fatta in Svezia; lo scafo è completamente in quercia; gli interni sono stati disegnati dal proprietario. È uno yacht di 24,6 tonnellate con quattro letti, un gabinetto nel gaVone di prora e la cabina a due letti davanti che si dividono il boccaporto; un salone con divani (né ribaltabili, né allargabili in nessun modo) e poltrone a braccioli, rotonde; cucina, carteggio e altri due letti nella tughetta di poppa, con il pagliolo più alto, sopra un motore Albin 10-17, senza invertitore. Non ho mai visto in una barca un simile signorile disprezzo delle possibilità di posti letto e di cavalli ausiliari». «Anche l'attrezzatura del Dyarchy è originale - leggiamo ancora su Lo Yacht - e l'albero è unico, senza alberetto, e la controranda si inferisce da sola ... Anche secondo me il Dyarchy, è la più bella barca da crociera tuttora a galla», conclude Sciarrelli. Quella barca è qui sotto i nostri occhi e Gian Marco Borea me la descrive: «Guarda che linee e che attrezzatura, rudimentale ma efficiente!». A casa di Sciarrelli si respira aria di mare. Non solo perché dalle sue finestre si può ammirare per intero il golfo di Trieste, ma perché alle pareti ci sono stupendi dipinti di navi in navigazione e tanti mezzi modelli in legno di scafi di ogni tipo, allineati in sequenza ragionata. Poi ci sono libri dappertutto, di storia e costruzione navale, riviste americane, inglesi, «Sono riviste dei tempi in cui le riviste di nautica si potevano leggere!», sentenzia Borea. Davanti ad un bicchiere di raffinato moscato d'Asti, parliamo col progettista. Triestino, 53 anni, Carlo Sciarrelli è oggi soprattutto un cultore della progettazione navale, un artista bizzarro. Ricorda quei pittori di un tempo, che dipingevano con colori da loro stessi preparati e che con l'opera a cui lavoravano instauravano un rapporto intenso, fisico e intellettuale.

Come ha iniziato la professione di progettista? «Ho iniziato a interessarmi di barche tardi, a 15 anni, quando qui a Trieste tutti, dalla nascita, si interessavano di barche. Sono antico. Parlo dei tempi in cui le barche significavano pittura, calafataggio: sembra preistoria. Da ragazzo, mi procurai un rottame di un beccaccino e lo ricostruii, studiando i disegni e lavorandoci sopra per mesi. Una volta tutto questo era normale: chi andava in barca, a volte se la costruiva e spesso se la riparava da solo».

Così ha appreso i primi segreti della progettazione... «Sì, allora era comune intendersi di progettazione e carpenteria. Oggi tutto ciò sembra misterioso ma una volta era così per ogni cosa: la carne non veniva tenuta in frigorifero ma tra i vetri delle due finestre; il gatto non mangiava scatolette ma polmone; anche chi aveva l'auto, allora, doveva sapersela riparare». La zona di Trieste è sempre stata nautlcamente più sviluppata, rispetto ad altre zone d'Italia. «Nel dopoguerra c'era la guerra fredda e molti esuli istriani e dalmati venivano a Trieste: erano della marineria ex-austroungarica, o ex-veneta, e si stabilirono qui. La cultura nautica faceva parte della vita cittadina».

Trieste è una città dove è facile andare in barca. Lei va? «Dopo i cinquant'anni molto poco, prima invece ero barca tutto l'anno a tempo pieno, con ogni tipo di scafi. Da un po' di tempo, ripeto, ci vado poco, salvo qualche volta quando esco col mio "Bat", piccolo yacht inglese di poco più di sei metri, in teak, con la ferramenta ancora originale, costruito in Inghilterra nel 1889».

Sciarrelli, lei ama più la barca o la natura che questo mezzo le consente di raggiungere? «A me non piace il mare. A chi piace il mare piacciono anche le mutande da bagno, le pinne, il sole, gli schizzi. A me tutto ciò non dice nulla. Io amo solo le barche». Il vento, il profumo del mare, l'ambiente naturale: non la interessa tutto ciò? «A me piacciono le barche. Naturalmente, le barche nel mare. A me piace andare in barca e, quando il mare è bello, la barca è ancora più bella. Il mare con la barca mi può interessare ma senza no, non mi interessa proprio!».

In quale mare si gusta meglio la barca? «La barca dà di più in una navigazione vera, grande, per esempio in Atlantico, in una traversata di giorni e giorni senza vedere terra. In questi casi la barca si gusta molto di più. Per me, la foto di un tramonto infuocato non ha alcun interesse. Mi piace la barca, l'architettura, l'arte».

Lei ha partecipato alla "Ostar" , in coppia con Austoni. L'ha fatto per provare sensazioni forti? «Ma no, volevo provare la barca, in maniera totale. Navigare di bolina quando non è permesso sbagliare, quando non si può disamministrare le energie; quando entrano in gioco la salute, il caldo, il freddo: è il più bel gioco che si può fare con una barca».

Come si naviga con un "solitario" come Austoni? «Austoni è uno sportivo di razza quale io non sono. A lui piace la vittoria, la lotta; la competizione a me piace la barca».

Lei prova sempre le barche che progetta? «Provo solo le barche che mi interessano. Per 25 anni, ogni mese, ho avuto un varo di barche progettate da me: non posso provare cosi tante barche! Provo solo le barche dove ho messo qualcosa che non ho ancora provato su altre».

Sciarrelli, ho visto che nel suo studio non c'è il computer... «Naturalmente. lo ho cominciato a progettare barche 35 anni fa! Se il computer fosse esistito quando ho iniziato a lavorare, l'avrei usato. Non esiste il computer che mi dice qual è la forma più giusta per le mie barche. Ho passato una vita a studiare disegni e oggi lavoro usando la sensibilità e l'intelligenza e non una macchina. Solo così riesco a scegliere la forma più giusta. Il computer, che è una macchina che rispetto, è soprattutto uno strumento per archiviare dati utili a chi non se ne intende di barche. Serve a progettare a chi non sa progettare. Se io mettessi nel computer tutto quello che so, basterebbe un cretino per progettare come me! lo non uso il computer perché non mi interessa progettare barche come un altro. Se io conoscessi uno più bravo di me che mi programmasse il computer, questo mi servirebbe, ma nel campo delle mie barche non c'è uno più bravo di me! Io progetto le mie barche, non progetto altro».

È da qualche anno che lei non progetta più barche lor. Forse è per questo motivo che non ha bisogno di computer? «Oggi non saprei più progettare una barca della stazza Ior.Se dovessi riprendere, avrei certamente bisogno di un computer. «Ma io quelle barche non le faccio più; non so farle. Ci sono già molti progettisti che hanno la testa disposta per la stazza 10m».

Ci sono stati anni in cui, da queste parti, vincevano solo le barche di Sciarrelli. Se oggi le chiedessero di disegnare una barca con la formula lor, lei la farebbe? «No, ripeto: non so farle. Progettare quel tipo di barche è un altro mestiere, non il mio. Perché dobbiamo parlare di un altro mestiere?».

Per provare i modelli delle sue barche, si serve della vasca navale? «Ma cos'è 'sta roba? Per carità. No, non la uso».

Perché non serve? «Non serve a me. Serve, invece, a far vivere chi ci lavora». Anche lei sostiene che il "Dyarchy" è la più bella barca da crociera mai costruita? «lo ho scritto questa cosa nel mio libro, ma quel concetto vale per quel capitolo, per ' quell'epoca. È una barca che per i suoi tempi ha risposto perfettamente alle esigenze del proprietario. Ma non è certo una barca applicabile alle esigenze dei nostri giorni!».

Perché? «Ma perché non esiste la barca " di Dio", come non esiste la barca "del Diavolo". Non esistono domande con un'unica risposta, così come avviene nel mondo di Mike Bongiorno. Il Dyarchy è un'opera d'arte ma non è la barca ideale che possa rispondere a tutte le esigenze. Tanto per dirne una, questa barca ha un'altezza in cabina di 1 metro e 70: cosa impensabile, oggi, in una barca di quelle dimensioni. Il Dyarchy è la miglior barca se la si confronta con quelle di cui si parla in quel capitolo del libro. Può essere definita una barca interessante, meravigliosa, bella, stramba, ma non è la barca ideale per il semplicemotivo che questa barca non esiste. Esistono solo barche che rispondono a requisiti; e basta!».

Quando, allora, una barca si può definire riuscita? «Quando risolve molto beneil tema richiesto dal committente. Se il committente chiede una draga sturaporti, questa è riuscita se tira su più fango di tutte le altre draghe esistenti; mentre se il committente chiede un veliero molto bello e, dopo averlo finito, si scopre che ce n'è in giro un altro più bello, quel veliero è mal riuscito anche se è più bello della draga più bella del mondo». Parliamo un po' della cantieristica navale italiana. «Siamo giunti ad un punto che in Italia abbiamo più crescita di cantieri validi, rispetto alla richiesta. Mi addolora molto che scompaia prima la richiesta di cose buone che chi sa farle. In Italia ci sono almeno quattro cantieri di grande livello che però non hanno quattro barche da fare».

Può fare qualche nome di "cantieri di qualità"? «Molto pochi. C'è Carlini di Rimini che tra l'altro è in mano ad un giovane, figlio del vecchio Carlini, che è anche di livello più elevato del padre. Questo è un cantiere che dovrebbe avere ordini per tre anni ed invece sta facendo una sola barca di 9 metri e mezzo e non ha altri ordini. C'è un cantiere a Trieste Crisma & Giraldi che sta finendo una barca di 18 metri, che consegnerà tra tre mesi e non ha più ordini».

Questi sono cantieri che costruiscono in legno. Per le barche in ferro, com'è la situazione? «Per le costruzioni in ferro la situazione è diversa. Lì è il committente che condiziona il mercato. Chi sceglie di una barca in ferro vuol dire che ha studiato il francese medie e vuole un cantiere non ha mai fatto barche. In questi amanti del ferro c'è gusto dei pionieri "pezzenti". Sono miserabili nella testa, quelli che amano le barche in ferro. A Trieste, per esmepio, c'è un cantiere che lavora benissimo il ferro; bene, chi vuole la barca in ferro li guarda con sospetto... ».

E perché mai? «Perché, questi diportisti esigono lo scafo con le gobbe; vogliono che ci sia la ruggine perché solo così si sentono dei Moitessier! Nel caso delle barche in ferro, insomma, va analizzato bene il committente, non da un architetto ma da uno psichiatra con un martelletto sul ginocchio!».

Non crede che questa tendenza sia dovuta a mancanza di informazione corretta e ad una cultura nautica latitante? Per esempio, se si guardano le barche attuali, sono tutte simili. Sono veramente simili, o c'è qualcosa che il pubblico non riesce a cogliere? «Sono barche da regatacrociera che poi sono barche da regata versione crociera; ed è inutile che spieghi cosa significa perché anche sul vostro giornale ho visto che avete capito. Questo appiattimento delle linee è dovuto al fatto che le barche prodotte in serie devono dare qualcosa che non si dava l'anno prima. Altrimenti, se l'utente si accorge di comperare la barca dell'anno scorso, è tutto finito! È come quando il cantante deve fare una mossetta che nessuno ha mai fatto prima: quello è l'unico suo sistema per attirare il pubblico in quanto la musica è sempre la stessa» .

È una legge di mercato, quindi, quella che costringe i costruttori a presentarsi sempre con novità, anche quando queste non ci sono? «Le barche industriali devono essere " datate". È grave, però, quando l'utente si convince che una barca nuova è peggiore di una di tre anni prima, ben riuscita. Un'azienda non può sostenere una barca costruita tre anni prima, altrimenti la gente compra quella nel mercato dell'usato. Chi non ha "la barca dell'anno" è tagliato fuori dal giusto».

Lei, che è un progetti sta di barche "su misura", come si regola con le scelte dell'utente; lo consiglia? «Io non sono il progettista della prima barca. Di solito, chi viene da me ha già avuto una barca e ne vuole una migliore. Volere la barca "su misura" vuol dire sapere quello che si vuole. La barca industriale, invece, si rivolge sempre' ad una nuova frontiera di clienti e le aziende sono costrette a rivolgersi ad un utente che semplicemente desidera una barca».

Lei progetterebbe una barca da costruirsi in serie? «lo saprei fare molto bene una barca per il grande pubblico ma è difficile proporla ad un'industria, perché quando un prodotto deve raggiungere molti utenti si pensa che debba essere fatto male... perché tanto la massa è stupida. Questa cosa non l'ho mai capita».

La massa è da sempre considerata ignorante ... «È come quando si dice "film commerciale" intendendo una cosa pornografica che poi vanno a vedere due militari e basta. Invece, il "film d'arte" , per esempio un film di Fellini, per vederlo si fa la fila! Nonostante ciò si dice: il film d'arte non ha pubblico. Non è vero. La qualità paga sempre. Quindi, tornando alle barche, io una barca da costruire in serie non la farei commerciale, perché commerciale, secondo me, non piace. L'industria, invece, pensa che se la barca deve essere venduta a tante persone, deve essere brutta. Sono sicuro che si sono venduti più dischi di Beethoven che di Madonna; sono certo, insomma, che alla lunga vince Beethoven, cioè la qualità. Non saprei fare una barca commerciale se con questo termine si considera il "mercato degli idioti". Parto dal principio che lavoro sempre per una persona colta, intelligente» .

Il mercato europeo è invaso da barche francesi. Perché vanno così di moda? «Perché i francesi, per dimensioni inferiori ai 15 metri, sono i più bravi nel "fregare" l'utente, rifilando loro prodotti scadenti».

Perché non le piacciono le barche francesi? «Le barche francesi non ci sono. Ci sono i francesi. E i francesi non amano le barche, le maltrattano, le rompono, le fanno che non durano, spelacchiate. Io amo le barche e non sopporto chi non le ama. Il francese è spocchioso, bastona le donne, bastona le barche. Io amo le barche. Non sono francese. Non so perché, parlando di barche, si nominino i francesi: non esistono! Salvo che si voglia parlare di raid, traversate dell' Atlantico con una mano legata e un occhio tappato, record su catamarani: questi sono altri argomenti che non c'entrano nulla con l'architettura navale».

Quindi, il rapporto d'amore con la barca può esistere anche se questa ha il motore? «lo ho progettato le più belle barche a motore che ci sono nel golfo di Trieste: un peschereccio e la pilotina dei piloti del porto di Trieste, che fa 24 nodi con gli stessi motori che installano le pilotine Tyler che, invece, ne fanno 19. Non sono dei motoscafi a spigolo plananti ma delle barche da lavoro a motore».

Quindi, il rapporto d'amore con la barca può esistere, anche se questa ha il motore? «Sono comunque delle barche, delle cose belle, interessanti. Sono oggetti che hanno una vita vera».

Ha mai disegnato motorsailer? «Non capita spesso che me li chiedano. Quando è accaduto sono risultati così efficienti a vela che mi hanno rimproverato perché le trovavano barche a vela da regata un po'strane».

Il legno è il materiale principe per costruire barche? «Uno che progetta deve poter fare una barca come gli sembra più giusto, non come esige il materiale. Se io disegno una barca di 15 metri di 13 tonnellate, che non è certo un Uldb, la devo disegnare di legno perché se la disegno di ferro, devo disegnarla di 16 tonnellate, minimo, se non di 18. Allora, il ferro non è un materiale da costruzione navale perché condiziona le scelte. Insomma, nel caso del ferro, devo dare allo scafo una forma adatta al materiale e non quella che vuole l'acqua; e quando un materiale richiede alle barche una forma che non è quella che vuole l'acqua ma quella che vuole il fabbro ... non è un materiale navale. Pertanto, le barche vanno fatte in legno, se singole, in plastica se in serie. Anche il cemento non è un materiale da costruzione navale perché la barca non deve avere la forma che vuole il cemento ma quella che vuole il mare».

E l'alluminio? «Ho fatto molte barche in alluminio. È il miglior materiale per costruire barche perché è leggero come il legno e robusto come il ferro. Solo che teme l'umidità, bisogna conservarlo in un luogo asciutto». A quale barca sta lavorando attualmente? «Sul tavolo ho una barca di 15 metri e ne ho altre 5 in lista d'attesa. Sono tutte barche di qualità, quelle che una volta finite archivierò con l'asterisco, un simbolo con cui segnalo le barche riuscite bene». Quindi lei lavora sempre tanto e sempre su prodotti di qualità? «La qualità è sempre più rara perché è divenuto più raro, percentualmente, il committente di qualità. Basta vedere le case che si costruiscono, i film che si girano, i libri che si scrivono. Comunque, io lavoro. Meno di dieci anni fa. Mi vanto di dire che sto muerendo molto più piano di tutti i miei colleghi; sono un moribondo in un mondo di morti».

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Yacht a vela Yara: torna a navigare lo “Sciarrelli”

Caterina Di Iorgi

Dopo oltre 40 anni di assenza dalle coste italiane, praticamente sconosciuto agli appassionati, lo splendido yacht a vela Yara in legno lungo 15 metri, da sempre appartenuto a una stessa famiglia, è tornato a navigare in alto Adriatico. La barca , varata nel 1977 dal Cantiere veneto Crosato, è stata disegnata dal triestino Carlo Sciarrelli , il Maestro della progettazione di scafi classici scomparso nel 2006. Oggi, dopo una serie di recenti lavori di ricondizionamento, è pronta a veleggiare al comando di chi desidererà impiegarla per crociere d’altura o per farla partecipare ai raduni e alle regate dedicati alle barche d’epoca, con la certezza che non passerebbe inosservata.

Yacht a vela Yara: dall’Adriatico alla Turchia

Yacht a vela Yara

Yara è uno sloop Marconi in legno lungo 15,25 metri, varato nel 1977 presso il cantiere Piero Crosato, all’epoca insediato a Jesolo, in provincia di Venezia. Già dall’anno successivo la barca è in rotta verso la Grecia, con destinazione finale la Turchia e più precisamente Kusadasi, località della costa occidentale a oltre 500 chilometri a sud di Istanbul, ove è presente uno dei marina turistici più importanti del Paese. Qui stabilisce la propria base per un trentennio, accogliendo ogni anno per le vacanze estive la famiglia milanese da sempre proprietaria dello yacht.

Nel 2008 avviene il ritorno in Italia, momento in cui viene alata a Monfalcone presso il Cantiere Alto Adriatico per il rifacimento della coperta in teak. Mutate esigenze impongono una sosta “prolungata”, al punto che Yara viene posta su invaso e rivestita con teli protettivi fino al 2021. Dopo una nuova serie di interventi, tra i quali la riverniciatura dello scafo, delle sentine e il rinnovo dell’impianto idraulico, torna in mare nel settembre 2022 confermando la solidità del progetto, una costruzione monolitica in lamellare incrociato di mogano, al punto da non evidenziare né marcescenze, né infiltrazioni di acqua. Oggi, dopo essere appartenuta per 45 anni ad una stessa famiglia, Yara potrebbe essere ceduta ad un nuovo appassionato velista che apprezzerebbe e valorizzerebbe uno dei progetti classici più datati del Maestro Sciarrelli, con la certezza che non passerebbe inosservata in occasione dei raduni di barche d’epoca ai quali potrebbe partecipare.

Yacht a vela Yara: il progetto numero 71 del maestro Carlo Sciarrelli

Yacht a vela Yara

La “gestazione” di Yara ha inizio nel 1967, quando Adriano Trevisiol, imprenditore milanese, commissiona l’embrione del progetto ad un giovane Carlo Sciarrelli, lo yacht designer triestino scomparso nel 2006 all’età di 72 anni destinato a diventare il più apprezzato e importante disegnatore di scafi in legno dalle linee classiche. La famiglia non ha tradizioni nautiche e sembra che Trevisiol abbia inizialmente intrapreso questa avventura a “insaputa” dei propri congiunti.

Solo cinque anni più tardi avverrà l’approccio alla vela a bordo di un Tortuga 27, acquistato e ormeggiato tra Chiavari a Portofino. Il “test nautico” è positivo e l’imprenditore programma una serie di trasferte da Milano, dove risiedeva, a Trieste per incontrare Sciarrelli e dibattere, pare animatamente, su come sarebbe dovuta essere la barca.

Nel 1975 il progetto provvisorio diventa definitivo e, una volta contrassegnato con il numero 71, il 26 febbraio 1976 viene siglato il contratto di costruzione con il cantiere Piero Crosato di Jesolo, in provincia di Venezia. La costruzione prosegue fino all’estate del 1977, momento del varo.

Nel 1977 Yara è in acqua. Il suo nome, quello di una tigre in un film dell’epoca, era stato proposto dal primogenito 12enne di Trevisiol, Luca, poi accettato anche dagli altri membri della famiglia. Ma prima della partenza per la Turchia lo sloop è costretto ad una sosta forzata presso il Marina Hannibal di Monfalcone per alcuni problemi al motore Ford Transit. Ottima occasione per i due figli dell’armatore di frequentare la Scuola di Vela Tito Nordio, la prima istituita dalla FIV (Federazione Italiana Vela) in Italia. Gli insegnamenti ricevuti gli consentono di continuare a mantenere “operativa” la barca di famiglia e acquisire le competenze necessarie. Per trent’anni Yara non si allontana dalla Turchia, né compie importanti navigazioni in altre parti del Mediterraneo o partecipazioni a regate d’altura.

La costruzione in legno e gli interni

Yacht a vela Yara

Yara è costruita in 5 strati di lamellare incrociato di mogano , con la coperta in doghe di teak poggiate su interposto compensato marino e con l’ albero in alluminio a due ordini di crocette alto oltre 20 metri . Nonostante il ponte flush-deck, presenta interni spaziosi degni di scafi di dimensioni superiori, soprattutto se consideriamo che il primo ‘concept progettuale’ risale addirittura al 1967. La lunga e bassa tuga, digradante dal pozzetto fino a prua, garantisce infatti un’altezza d’uomo sottocoperta per tutta la lunghezza della barca.

Dalla cabina di poppa a tutto baglio, con bagno separato, si passa all’ampio quadrato con tavolo da carteggio sulla dritta e doppia divaneria contrapposta, trasformabile all’occorrenza in tre cuccette. Nel quartiere prodiero è ricavata una seconda cabina con letti sovrapposti, un secondo bagno, la cucina a murata e infine la classica cuccetta matrimoniale a ‘V’ di prua. Tra i caratteri distintivi la sobrietà e marinità, con gli ambienti in mogano satinato plastic free, i tientibene sottocoperta, le armadiature con antine in paglia di Vienna che contribuiscono al ricambio d’aria, ben 6 prismi di luce incassati in coperta che, insieme a 9 tra osteriggi e passauomo, garantiscono l’illuminazione naturale. Yara, che può imbarcare fino a 2000 litri di acqua, può così diventare un formidabile strumento per la crociera famigliare, le regate d’altura o il charter.

Nulla del piano di coperta è stato stravolto in oltre 45 anni di vita della barca e quanto a suo tempo installato è ancora funzionale e funzionante: dai winches e il rigging marca Barbarossa al trasto randa, rotaie, rinvii, alla falchetta in legno con gli ombrinali ravvicinati e i Tannoy per il ricambio d’aria sottocoperta. Una moderata bolzonatura e la quasi assenza del cavallino fanno sì che l’acqua in coperta scorra lungo la direttrice destra-sinistra e non lungo la longitudinale.

La velatura, realizzata da Zadro, comprende una nuova randa da 55 mq , il genoa avvolgibile da 76 mq e lo spi da 198 mq. A prua, a dritta e sinistra, quattro piccole selle in legno consentono di rizzare in coperta i due tangoni dello spinnaker. L’ampio pozzetto con la timoneria a ruota ha la seduta leggermente arcuata a schiena d’asino e sopra le due panche, a copertura di altrettanti gavoni, sono presenti 4 sportelli a filo ricavati negli schienali, adatti per riporre piccoli accessori.

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Yacht a vela Yara

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lo yacht di carlo sciarrelli

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Articolo Farevela Carlo Sciarrelli

http://www.advmarea.com/ftp_farevela/SciarrelliFV225.pdf

La vita, le barche e le idee di uno dei più conosciuti, controversi e amati progettisti italiani, scomparso il 23 settembre nella sua Trieste

di MICHELE TOGNOZZI e PIETRO PALLONI

Cosa c’è di meglio delle barche per ricordare un progettista? Nel caso specifico, quelle di Carlo Sciarrelli , uno che della vela aveva un’idea ben precisa. Formata da autodidatta ed espressa in circa 140 progetti, molti dei quali ancora naviganti, che ne hanno deterninato un marchio inconfondibile. Uno stile. La realizzazione pratica di un pensiero. Il bello che va per mare. La barca come persona viva. La barca donna, da amare, curare e vezzeggiare. Ecco perchè Carlo Sciarrelli, 72 anni, triestino (non poteva essere altrimenti), mancherà a molti, dai soci e dirigenti dello Yacht Club Adriaco che lo hanno avuto socio per 55 anni, al personale del Cantiere Nautico ALTO ADRIATICO , con cui collaborò negli ultimi anni, a centinaia di semplici appassionati che magari hanno iniziato ad amare le barche proprio tra le pagine del suo celebre trattato. Per ricordarlo abbiamo affidato la penna a chi lo conosceva bene, uno dei suoi pochi veri amici. Pietro Palloni , romagnolo, dal 1994 armatore di ANITA G . Conosceva Sciarrelli da quarant’anni, molti dei quali passati a navigare insieme. Questo il suo ricordo: “Carlo è morto. Quando la sorella mi ha comunicato la triste notizia anche la speranza di vederlo ancora una volta è tramontata e con lui scompare una concezione della barca: bella ed elegante ma non a scapito della marinità. Ricordo una volta che attraversai, con una sua barca, il golfo del Leone con vento forza otto. Fuori il finimondo: in dinette si conversava come seduti nel salotto di casa (o quasi). Uomo geniale, ma scontroso, ammanniva le sue lezioni a tutti, ma aveva pochissimi amici con i quali si intratteneva in scontri verbali sugli argomenti più disparati. Autodidatta (aveva la licenza di scuola media) è stato insignito della laurea Honoris Causa in architettura navale dall’Università di Venezia. Amava apprendere dalle fonti. Per questo aveva appreso l’inglese, perché in quella lingua vi è il maggior numero di testi nautici; cosi come aveva appreso il latino per leggere gli autori Romani in lingua originale. Studiando le carene e le linee d’acqua di tutto ciò che solcava il mare, sosteneva che le imbarcazioni moderne non sono altro che fantastici piani velici su rozzi scafi, mentre le Fregate del Settecento avevano linee d’acqua sublimi con vele disastrose. Amante del paradosso, era portato a trarne le estreme conseguenze, sconcertando chi lo stava ad ascoltare. Una sua frase celebre “La ruggine è un’invenzione moderna, il ferro una volta non faceva ruggine”. Ha disegnato circa 140 barche, dalle prime da regata per la stazza Rorc, alle ultime che non seguono regola alcuna, ma solo canoni estetici e marini creando ciò che definiva “lo yacht elegante moderno”. Mentre preparava i suoi progetti, elaborava una sua personale visione delle barche scrivendo il miglior trattato sull’evoluzione dello yacht conosciuto in lingua italiana: appunto “Lo Yacht “ edito da Mursia e tradotto poi in più lingue oltre naturalmente a una profusione di articoli, sulle varie testate di nautica. I suoi interessi spaziavano in molti altri campi, dalla storia intesa nei suoi molteplici aspetti, alla cucina, alla musica classica, a quella operistica sostenendo che il miglior strumentomusicale è la voce umana. Mai banale, affascinava gli astanti con iperboli folgoranti. A pochi dava accesso alla sua casa, arrampicata lungo la strada della trenovia da cui si domina Trieste, con un panorama mozzafiato e di cui era particolarmente orgoglioso perchè ricostruita su suo progetto. Sebbene prediligesse la vela, ha progettato anche tre o quattro barche a motore, una delle quali è tutt’ora utilizzata dai piloti di Trieste che la preferiscono alle più moderne unità. Navigando su una barca di suo progetto rimarrà, per me, l’amico di sempre”. Parole significative per comprendere il personaggio-Sciarrelli, anzi l’universo- Sciarrelli. Tra le tante frasi celebrative, alcune di circostanza altre autenticamente sentite, seguite alla sua scomparsa, ci piace segnalare quella di Giuliano Luzzatto, direttore della rivista Mainsail: perchè non trasformare “la sua abitazione, sita in posizione particolare rispetto alla città e al suo golfo, in via Panorama, in un museo che racchiuda nel proprio ambiente natio l’intero corpus delle collezioni e delle creazioni di Sciarrelli. Potrebbe essere l’embrione attorno al quale veder sviluppare il luogo delle memorie marittime che fanno capo a Trieste attraverso le infinite rotte che il mare consente”. Un’idea che Fare Vela condivide. Allo schivo Sciarrelli la cosa forse non sarebbe piaciuta, ma vi sono volte in cui il ricordo si deve nutrire proprio delle realizzazioni dell’uomo. A restare saranno quindi le linee di quelle barche, “oggetti mossi dal vento” con le poppe a cuore. Per questo motivo abbiamo deciso di ricordarlo pubblicando le forme vitali di alcune delle sue barche più celebri. Così rispose Sciarrelli a una domanda del giornalista Paolo Maccione in una bella intervista del 2003 pubblicata su Yacht Digest: “Mi accontenterei di essere stato capito, non ricordato”. Già.

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Navigare a vela con il mitico BAT 200

lo yacht di carlo sciarrelli

Da tempo, Paolo Lodigiani, appassionato di mare, velista e progettista nautico, aveva in mente questo viaggio: l’Italia a vela a bordo del BAT 200, barca di 5,20 costruita nel 1889 a Maldon, nell’Essex dal cantiere J.T. Howard. Paolo ha deciso di dar vita a questo progetto, del giro d’Italia, per celebrare i 130 anni del BAT, barca storica e unica nel suo genere. La partenza è prevista il 27 maggio da Sanremo per arrivare circa due mesi dopo a Trieste.

Tutto il giro sono circa 1700 miglia da fare in circa 60 giorni.

Globesailor è stato invitato a partecipare come equipaggio a bordo di questa illustre imbarcazione! 

Documenteremo il viaggio quindi con foto e video ma nell’attesa ecco qualche dettaglio in più…

La barca: il BAT 200

lo yacht di carlo sciarrelli

Qualche specifica tecnica

Il BAT è una barca storia, costruita nel 1889 nell’Essex dal cantiere J.T. Howard, dispone di due cuccette spartane e ha un motore fuoribordo da 6 HP e il pilota automatico.

Il progetto della barca è di  C.P. Clayton, uno yacht designer all’epoca abbastanza noto soprattutto per i suoi yacht da regata, che hanno partecipato alle famose competizioni intorno all’isola di Wight. Il BAT è nata infatti come barca da regata, costruita con materiali pregiati : fasciame in teak clafatato nell’opera viva e invergato nell’opera morta, fissato con chiodi ribattuti in rame su coste in rovere segate o piegate, spaziate di 20 cm. I madieri sono in parte in acciaio in parte in rovere. 

Un aspetto degno di nota è sicuramente l’attrezzatura velica che era libera e viene definita  Sprit Sail, ossia un’attrezzatura a tarchia con una randa senza boma sostenuta dall’albero e da una livarda. Tale armo, tipico delle barche inglesi da pesca, venne poi sostituito da un’attrezzatura a cutter con randa aurica.

La storia del BAT

Si conosce ben poco dei primi anni di vita del BAT, ricompare poi nei primi decenni del secolo sul lago di Como, dove inizia a diffondersi la vela e molte imbarcazioni vengono importante dall’Inghilterra. L’armatore di quel periodo pare fosse il signor Ruspini di Blevio, l’unica informazione che abbiamo è una fotografia che documenta le consistenti modifiche rispetto al progetto originale tra cui un allungamento della poppa. 

Nel 1959, Sergio Spagnul scoprì il BAT 200 abbandonato in un’aia a Latisana e lo fece restaurare riportandolo all’antico splendore. Con il BAT, Spagnul vinse molte regate come la Trieste – San Giovanni in Pelago, una delle regate più classiche dell’Adriatico. 

Nel 1965 poi il BAT viene acquistato da Carlo Sciarelli, grande progettista italiano di barche, con cui partecipa alla Barcolana. Il BAT 200 qui torna ad essere un “vero e proprio piccolo yacht” con tuga bassa e pozzetto ampio e profondo.

Nel suo libro, “Lo Yacht”, Carlo Sciarrelli, dedica una memorabile appendice al BAT : ” “Il BAT è la mia barca. Ci vado a spasso per il golfo di Trieste (…). Se yacht è la barca da piacere, che più è yacht meno se ne riesce a dimostrare un valore pratico, allora per me il BAT è il più yacht di tutti. E’ l’unica barca con cui oggi mi diverto. Un divertimento da appassionato, da marinaio, da erudito di cose navali, da ingenuo. Divertimento totale di andare a vela”

Il BAT ad oggi

Carlo Sciarrelli tiene il BAT 200 fino al 1994, quando poi viene acquistato da Paolo Lodigiani, che lo tiene per un certo periodo sul lago di Como a Cernobbio per poi riportarlo dove era ormeggiato tradizionalmente allo Yacht Club Adriatico. Nel 1999 Paolo Lodigiani decide di restaurarlo, con la supervisione di Carlo Sciarrelli , per riportarlo al disegno originale del 1889 con lo scafo aperto non pontato.

Ad oggi il BAT è pronto per questa nuova avventura per affrontare il periplo d’Italia!

La rotta del BAT

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Nel progetto di Paolo, a bordo del BAT verranno accolti tappa dopo tappa, amici, velisti e amanti del mare per poter provare la magia di navigare a bordo di un’imbarcazione di questo tipo. Alice sarà a bordo per Globesailor, per veleggiare nella tappa tra Genova e La Spezia.

Qui si seguito trovate l’itinerario previsto, un ottimo spunto per chi desidera noleggiare una barca e salpare per visitare tutto lo “Stivale”!

L’itinerario

Si salpa da Sanremo il 27 maggio, per poi proseguire verso Loano, Genova e La Spezia. Dalla Liguria si scende verso la Toscana: Viareggio, San Vincenzo e Talamone.

Il BAT 200 poi prosegue verso sud, Civitavecchia, Anzio, San Felice Circeo e Gaeta prima di raggiungere poi l’isola di Procida.

Da Procida poi si veleggia verso Napoli, Capri, Agropoli, Palinuro e Maratea. E ancora Cetraro, Vibo Valentia e Tropea.

Si continua poi fino a Reggio Calabria, Roccella Ionica, Badolato Marina, La Castella, Crotone, Cirò Marina e Marina di Policoro a fine giugno.

La rotta poi prosegue ancora verso sud, tra le marine Taranto, Gallipoli, Leuca e Otranto, per poi risalire: Bari, Termoli, Ancona, Ravenna e Chioggia.

A Luglio si ritorna al nord per raggiungere Venezia verso fine luglio e concludere il tour a Trieste intorno al 24 luglio.

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2 commenti su “Carlo Sciarrelli, dieci anni dopo. Il nostro ricordo di uno dei più grandi progettisti italiani”

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Grandissimo Sciarrelli. Barche che sono davvero opere d’arte.

Grandissimo Sciarrelli, barche che sono davvero opere d’arte.

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Yara, torna a navigare lo Sciarrelli “perduto”

Dopo oltre 40 anni di assenza dalle coste italiane, praticamente sconosciuto agli appassionati, Yara , questo splendido yacht a vela in legno lungo 15 metri, da sempre appartenuto a una stessa famiglia, è tornato a navigare in alto Adriatico. La barca, varata nel 1977 dal Cantiere veneto Crosato , è stata disegnata dal triestino Carlo Sciarrelli , il Maestro della progettazione di scafi classici scomparso nel 2006.

YARA_il pozzetto_Foto Maccione

Oggi, dopo una serie di recenti lavori di ricondizionamento, è pronta a veleggiare al comando di chi desidererà impiegarla per crociere d’altura o per farla partecipare ai raduni e alle regate dedicati alle barche d’epoca, con la certezza che non passerebbe inosservata.

YARA, DALL’ADRIATICO ALLA TURCHIA

Yara è uno sloop Marconi in legno lungo 15,25 metri, varato nel 1977 presso il cantiere Piero Crosato, all’epoca insediato a Jesolo, in provincia di Venezia. Già dall’anno successivo la barca è in rotta verso la Grecia, con destinazione finale la Turchia e più precisamente Kusadasi, località della costa occidentale a oltre 500 chilometri a sud di Istanbul, ove è presente uno dei marina turistici più importanti del Paese. Qui stabilisce la propria base per un trentennio, accogliendo ogni anno per le vacanze estive la famiglia milanese da sempre proprietaria dello yacht. Nel 2008 avviene il ritorno in Italia, momento in cui viene alata a Monfalcone presso il Cantiere Alto Adriatico per il rifacimento della coperta in teak. Mutate esigenze impongono una sosta “prolungata”, al punto che Yara viene posta su invaso e rivestita con teli protettivi fino al 2021. Dopo una nuova serie di interventi, tra i quali la riverniciatura dello scafo, delle sentine e il rinnovo dell’impianto idraulico, torna in mare nel settembre 2022 confermando la solidità del progetto, una costruzione monolitica in lamellare incrociato di mogano, al punto da non evidenziare né marcescenze, né infiltrazioni di acqua. Oggi, dopo essere appartenuta per 45 anni ad una stessa famiglia, Yara potrebbe essere ceduta ad un nuovo appassionato velista che apprezzerebbe e valorizzerebbe uno dei progetti classici più datati del Maestro Sciarrelli, con la certezza che non passerebbe inosservata in occasione dei raduni di barche d’epoca ai quali potrebbe partecipare (scrivere a [email protected]).

IL PROGETTO NUMERO 71 DEL MAESTRO CARLO SCIARRELLI

La “gestazione” di Yara ha inizio nel 1967, quando Adriano Trevisiol, imprenditore milanese, commissiona l’embrione del progetto ad un giovane Carlo Sciarrelli, lo yacht designer triestino scomparso nel 2006 all’età di 72 anni destinato a diventare il più apprezzato e importante disegnatore di scafi in legno dalle linee classiche. La famiglia non ha tradizioni nautiche e sembra che Trevisiol abbia inizialmente intrapreso questa avventura a “insaputa” dei propri congiunti. Solo cinque anni più tardi avverrà l’approccio alla vela a bordo di un Tortuga 27, acquistato e ormeggiato tra Chiavari a Portofino. Il “test nautico” è positivo e l’imprenditore programma una serie di trasferte da Milano, dove risiedeva, a Trieste per incontrare Sciarrelli e dibattere, pare animatamente, su come sarebbe dovuta essere la barca. Nel 1975 il progetto provvisorio diventa definitivo e, una volta contrassegnato con il numero 71, il 26 febbraio 1976 viene siglato il contratto di costruzione con il cantiere Piero Crosato di Jesolo, in provincia di Venezia. La costruzione prosegue fino all’estate del 1977, momento del varo. Federico Lenardon, maestro d’ascia e progettista del cantiere Alto Adriatico Custom, anche unico allievo ammesso al tavolo di Sciarrelli, descrive così questo progetto: “ … una fuga inconsapevole in avanti del grande Maestro per staccarsi dalle imposizioni delle regole IOR che si stavano sviluppando in quel periodo”.

TRENT’ANNI IN TURCHIA

Nel 1977 Yara è in acqua. Il suo nome, quello di una tigre in un film dell’epoca, era stato proposto dal primogenito 12enne di Trevisiol, Luca, poi accettato anche dagli altri membri della famiglia. Ma prima della partenza per la Turchia lo sloop è costretto ad una sosta forzata presso il Marina Hannibal di Monfalcone per alcuni problemi al motore Ford Transit. Ottima occasione per i due figli dell’armatore di frequentare la Scuola di Vela Tito Nordio, la prima istituita dalla FIV (Federazione Italiana Vela) in Italia. Gli insegnamenti ricevuti gli consentono di continuare a mantenere “operativa” la barca di famiglia e acquisire le competenze necessarie. Per trent’anni Yara non si allontana dalla Turchia, né compie importanti navigazioni in altre parti del Mediterraneo o partecipazioni a regate d’altura.

LA COSTRUZIONE IN LEGNO E GLI INTERNI

Yara è costruita in 5 strati di lamellare incrociato di mogano, con la coperta in doghe di teak poggiate su interposto compensato marino e con l’albero in alluminio a due ordini di crocette alto oltre 20 metri. Nonostante il ponte flush-deck, presenta interni spaziosi degni di scafi di dimensioni superiori, soprattutto se consideriamo che il primo ‘concept progettuale’ risale addirittura al 1967. La lunga e bassa tuga, digradante dal pozzetto fino a prua, garantisce infatti un’altezza d’uomo sottocoperta per tutta la lunghezza della barca. Dalla cabina di poppa a tutto baglio, con bagno separato, si passa all’ampio quadrato con tavolo da carteggio sulla dritta e doppia divaneria contrapposta, trasformabile all’occorrenza in tre cuccette. Nel quartiere prodiero è ricavata una seconda cabina con letti sovrapposti, un secondo bagno, la cucina a murata e infine la classica cuccetta matrimoniale a ‘V’ di prua. Tra i caratteri distintivi la sobrietà e marinità, con gli ambienti in mogano satinato ‘plastic free’, i tientibene sottocoperta, le armadiature con antine in paglia di Vienna che contribuiscono al ricambio d’aria, ben 6 prismi di luce incassati in coperta che, insieme a 9 tra osteriggi e passauomo, garantiscono l’illuminazione naturale. Yara, che può imbarcare fino a 2000 litri di acqua, può così diventare un formidabile strumento per la crociera famigliare, le regate d’altura o il charter.

LA COPERTA E L’ARMO VELICO

Tutto come all’epoca. Nulla del piano di coperta è stato stravolto in oltre 45 anni di vita della barca e quanto a suo tempo installato è ancora funzionale e funzionante: dai winches e il rigging marca Barbarossa al trasto randa, rotaie, rinvii, alla falchetta in legno con gli ombrinali ravvicinati e i Tannoy per il ricambio d’aria sottocoperta. Una moderata bolzonatura e la quasi assenza del cavallino fanno sì che l’acqua in coperta scorra lungo la direttrice destra-sinistra e non lungo la longitudinale. La velatura, realizzata da Zadro, comprende una nuova randa da 55 mq, il genoa avvolgibile da 76 mq e lo spi da 198 mq. A prua, a dritta e sinistra, quattro piccole selle in legno consentono di rizzare in coperta i due tangoni dello spinnaker. L’ampio pozzetto con la timoneria a ruota ha la seduta leggermente arcuata a schiena d’asino e sopra le due panche, a copertura di altrettanti gavoni, sono presenti 4 sportelli a filo ricavati negli schienali, adatti per riporre piccoli accessori.

SITO INTERNET

A testimonianza di quanto sia importante Yara all’interno della famiglia è stato ideato un sito internet  www.yara-sciarrelli.it interamente dedicato che racconta la storia della barca con foto originali dell’epoca, che mostra il restauro dettagliato e contiene inoltre i disegni tecnici originali fino alla descrizione con immagini e video di come si trova attualmente. Sicuramente un supporto efficace e non usuale per la presentazione della barca.

YARA, LA SCHEDA TECNICA

Nome / Name: Yara Tipologia / Rig: Sloop Marconi (Bermudan sloop) Anno / Year: 1977 Cantiere / Shipyard: Piero Crosato (Jesolo – Venezia – Italy) Progetto / Naval Architect: Carlo Sciarrelli (Trieste – Italy) Materiale di costruzione / Material: Legno / wood Lunghezza / LOA: 15,25 mt Lunghezza al galleggiamento / LWL: 12,00 mt Larghezza / Beam: 4,16 mt Pescaggio / Draft: 2,20 mt Dislocamento / Displacement: 14 tonn. Superficie velica / Sail surface: 131 mq Motorizzazione / Engine: Yanmar 4JH5E 55 hp (39,6 KW) Serbatoio gasolio / Fuel: 500 lt Serbatoio acqua / Water: 2000 lt Serbatoio acque grigie / Grey water: 50 lt Cabine / Cabins: 3 Posti letto / Berths: 9 Bagni / Toilet: 2

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lo yacht di carlo sciarrelli

Cantiere / Modello / Codice IDO

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lo yacht di carlo sciarrelli

Cantiere / Modello

Inserzionista.

lo yacht di carlo sciarrelli

IDO 00874947

lo yacht di carlo sciarrelli

Motori:  1x30hp Bukh Diesel

Cat Boat Jamila 1982 Imbarcazione a vela, attrezzata con un solo albero posto a prua e randa aurica . Questo progetto Sciarrelli del 1975, cortesem...

Lunghezza:  7,50 mt

Anno:  1982

REYACHT INFINITY XWE SRL

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IDO 00862808

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Motori:  0x0 HP --

Lunghezza:  18,00 mt

Anno:  1981

MEDIA SHIP INTERNATIONAL

IDO 00858136

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Motori:  1x97 HP YANMAR Diesel

SCIARRELLI 18,00, 1988, PROGETTO 109 DI CARLO SCIARRELLI, FASCIAME DI MOGANO, CRISMAN & GIRALDI, COPERTA E POZZETTO IN TEAK, 1 x 97 HP YANMAR (2006),

Anno:  1988

IDO 00775129

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Motori:  1x24 HP Volvo Penta --

Splendido progetto del maestro Carlo Sciarrelli costruita del famoso cantiere Mariano Craglietto di Trieste Per informazioni: Andrea Michelazzo cell.

Lunghezza:  10,90 mt

Anno:  1969

Trieste, Mare Adriatico

Pedetti yacht sales srl

IDO 00775121

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Motori:  1x10 HP Nanni --

Stupendo progetto di Carlo Sciarrelli, passera Istriana, costruzione Cantiere Alto Adriatico tra i più prestigiosi cantieri al mondo. Motore fuoribord

Lunghezza:  6,00 mt

Anno:  2016

IDO 00775013

lo yacht di carlo sciarrelli

Motori:  1x59 HP volvo penta --

È una barca a vela classica di 47" (m. 14.19) interamente in legno e con scafo in lamellare di mogano, progetto n. 119 di Carlo Sciarrelli.L’armatura

Lunghezza:  14,19 mt

Anno:  1990

IDO 00631749

lo yacht di carlo sciarrelli

Motori:  1x55 VOLVO PENTA Diesel

IMBARCAZIONE PERFETTA!

Lunghezza:  15,50 mt

Anno:  2002

Alto Adriatico

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  1. Lo Yacht

    lo yacht di carlo sciarrelli

  2. STORIA DI ‘ALEMA’, LA PRIMA IMBARCAZIONE PROGETTATA DAL TRIESTINO CARLO

    lo yacht di carlo sciarrelli

  3. CARLO SCIARRELLI

    lo yacht di carlo sciarrelli

  4. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

    lo yacht di carlo sciarrelli

  5. Yacht a vela Yara: torna a navigare lo "Sciarrelli"

    lo yacht di carlo sciarrelli

  6. STORIA DI ‘ALEMA’, LA PRIMA IMBARCAZIONE PROGETTATA DAL TRIESTINO CARLO

    lo yacht di carlo sciarrelli

COMMENTS

  1. Carlo Sciarrelli

    Autore de "Lo Yacht - Origine ed evoluzione del veliero da diporto",importante libro edito nel 1970 con la pubblicazione, oltre che la storia e l'evoluzione dello yacht a vela, di gran parte delle sue realizzazioni.

  2. La Striscia del Maestro Carlo Sciarrelli: il mitico elenco dei 138

    02/07/2019. 24. "Una barca è bella quando esprime al massimo le qualità del suo tipo. C'è bellezza nello yacht a vela, c'è bellezza in un peschereccio, c'è bellezza in un motoscafo o in una nave mercantile." − Carlo Sciarrelli, Lo Yacht: origine ed evoluzione del veliero da diporto. Carlo Sciarrelli.

  3. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto è un libro di Carlo Sciarrelli pubblicato da Ugo Mursia Editore : acquista su IBS a 64.60€!

  4. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto Copertina flessibile - 1 febbraio 1998. di Carlo Sciarrelli (Autore) 4,5 11 voti. Visualizza tutti i formati ed edizioni. Copertina flessibile. da 200,00 € 1 Usato da 200,00 € 1 Da collezione da 300,00 €

  5. Lo Yacht

    Lo Yacht è un libro di Carlo Sciarrelli pubblicato da Mursia: acquista su Mare di Carta a €68.00. Le "barche" sono esseri viventi: così le vede e ce le fa vedere l'autore, costruttore egli stesso di yacht non "in serie" ma, per così dire , "su misura".

  6. Carlo Sciarrelli

    In questo libro Carlo Sciarrelli presenta tutti gli yacht famosi e meno "famosi", con le loro caratteristiche, i loro risultati pratici, i loro capricci e le loro imprese. proposto dalla realtà virtuale e dalla TV. Ma l'ironia di Quino non risparmia colpi ai giovani, alle più alte classi sociali e al potere militare...

  7. Carlo Sciarrelli

    Carlo Sciarrelli ( Trieste, 6 luglio 1934 - Trieste, 24 settembre 2006) è stato un progettista di barche italiano . Indice. 1 Biografia. 2 Opere. 3 Note. 4 Collegamenti esterni. Biografia. Dipendente delle Ferrovie dello Stato, figlio di un ferroviere, impara i principi della navigazione e della progettazione da autodidatta.

  8. Sciarrelli C.: Lo yacht

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto. Carlo Sciarrelli. Pagine: 518. Codice: 18264. EAN 9788842538356. Collana: Biblioteca del Mare - Manuali, tecnica e sport. Con 2 inserti fotografici.

  9. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto. Carlo Sciarrelli. pubblicato da Mursia (Gruppo Editoriale) dai un voto. Prezzo online: 64,60 € -5 % 68,00 € o 3 rate da € 21.53 senza interessi. Disponibile in 2-3 giorni. la disponibilità è espressa in giorni lavorativi e fa riferimento ad un singolo pezzo. 129 punti carta PAYBACK.

  10. lo yacht

    lo yacht. € 68,00. Sottotitolo: origine ed evoluzione del veliero da diporto. Autore: carlo sciarrelli. Editore: ugo mursia editore. ISBN: 9788842538356. 4 disponibili (ordinabile) lo yacht quantità. Aggiungi al carrello. COD: 9788842538356Categorie: Cantieri e Progettisti, Progettazione. Richiedi informazioni. Titolo libro. Descrizione.

  11. 2019 07 Articolo: La Striscia del Maestro Carlo Sciarrelli ...

    Carlo Sciarrelli è anche autore de "Lo Yacht - Origine ed evoluzione del veliero da diporto", importante libro edito per la prima volta nel 1970 da Ugo Mursia Editore e tuttora ristampato.

  12. lo yacht

    lo yacht. € 99,00. Sottotitolo: origine ed evoluzione del veliero da diporto. Autore: carlo sciarrelli. Editore: ugo mursia editore. ISBN: 9788842513520. 1 disponibili (ordinabile) Aggiungi al carrello. Richiedi informazioni. Descrizione.

  13. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto di Carlo

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto. di Carlo Sciarrelli. Scrivi per primo una recensione. Editore: Ugo Mursia Editore. Data di Pubblicazione: 7 aprile 2011. EAN: 9788842538356. ISBN: 8842538353. Pagine: 516. Acquistabile con la Carta del docente. Acquistali insieme. Gli utenti che comprano Lo yacht.

  14. Lo yacht : origine ed evoluzione del veliero da diporto

    Lo yacht : origine ed evoluzione del veliero da diporto. Lo *yacht : origine ed evoluzione del veliero da diporto / Carlo Sciarrelli. - 8. ed. - Milano : Mursia, 1995. - 485 p. : ill. ; 27 cm. Dettagli. Categoria. Testo a stampa (moderno) Monografia. Autore principale. Sciarrelli, Carlo. Soggetto. Yacht. Anno Pubblicazione. 1970. Lingua. italiano.

  15. Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto

    Lo yacht. Origine ed evoluzione del veliero da diporto è un libro scritto da Carlo Sciarrelli pubblicato da Ugo Mursia Editore - Libraccio.it.

  16. Carlo Sciarrelli, Un'Intervista-ricordo a Dieci Anni Dalla Sua Morte

    Non esiste biblioteca nautica che non abbia fra i suoi volumi Lo Yacht di Sciarrelli, quante copie ne sono state vendute? Penso che non si saprà mai con precisione. Dalla prima edizione del 1970 ne sono seguite altre quattro, posso solo affermare che è diventato un "evergreen".

  17. Carlo Sciarrelli: un'intervista ricordo a 10 anni dalla scomparsa

    Sciarrelli ha inserito il Dyarchy nel capitolo "Yacht da crociera", scrivendo: «La barca è stata fatta in Svezia; lo scafo è completamente in quercia; gli interni sono stati disegnati dal proprietario. È uno yacht di 24,6 tonnellate con quattro letti, un gabinetto nel gaVone di prora e la cabina a due letti davanti che si dividono il boccaporto;...

  18. Yacht a vela Yara: torna a navigare lo "Sciarrelli"

    03/11/2022. Dopo oltre 40 anni di assenza dalle coste italiane, praticamente sconosciuto agli appassionati, lo splendido yacht a vela Yara in legno lungo 15 metri, da sempre appartenuto a una stessa famiglia, è tornato a navigare in alto Adriatico.

  19. Articolo Farevela Carlo Sciarrelli

    Per questo motivo abbiamo deciso di ricordarlo pubblicando le forme vitali di alcune delle sue barche più celebri. Così rispose Sciarrelli a una domanda del giornalista Paolo Maccione in una bella intervista del 2003 pubblicata su Yacht Digest: "Mi accontenterei di essere stato capito, non ricordato". Già.

  20. Navigare a vela con il mitico BAT 200

    Il BAT 200 qui torna ad essere un "vero e proprio piccolo yacht" con tuga bassa e pozzetto ampio e profondo. Nel suo libro, "Lo Yacht", Carlo Sciarrelli, dedica una memorabile appendice al BAT : " "Il BAT è la mia barca. Ci vado a spasso per il golfo di Trieste (…).

  21. Carlo Sciarrelli, 10 anni dopo. Il ricordo di uno dei grandi

    Galatea. Con i risparmi progetta e costruisce nel 1960 la sua prima barca, l' Anfitrite. La barca va bene, vince quasi tutte le regate alle quali partecipa. E a Carlo viene commissionato un nuovo progetto da un suo avversario di regata. Inizia così la sua storia di progettista, architetto, yacht designer.

  22. Yara, torna a navigare lo Sciarrelli "perduto"

    La "gestazione" di Yara ha inizio nel 1967, quando Adriano Trevisiol, imprenditore milanese, commissiona l'embrione del progetto ad un giovane Carlo Sciarrelli, lo yacht designer triestino scomparso nel 2006 all'età di 72 anni destinato a diventare il più apprezzato e importante disegnatore di scafi in legno dalle linee classiche.

  23. Sciarrelli yachts

    È una barca a vela classica di 47" (m. 14.19) interamente in legno e con scafo in lamellare di mogano, progetto n. 119 di Carlo Sciarrelli.L'armatura. IMBARCAZIONE PERFETTA! Vendita Sciarrelli: Barche e Yacht Sciarrelli, elenco di tutte le offerte di yacht e barche disponibili. Vendita Sciarrelli nuovo ed usato.